La fede è un dono che Dio ha dato all'uomo, che spinge la creatura ad alzare gli occhi al cielo. Nonostante ciò è chiaramente dimostrabile che la fede è spesso ridotta ad un cumulo di ragionamenti più o meno condivisibili. Ma noi siamo occupati della fede dei figli di Dio, che come tali dovrebbero sempre avere lo sguardo fisso al cielo. Ebbene, proprio la fede dei figli di Dio rischia di morire così come muore un seme che non trova condizioni adatte a crescere. Troppo o niente sono le condizioni peggiori, la dove la fede vive del pane quotidiano, di quello che procede dalla bocca di Dio (Matteo 4.4).
La fede può morire la dove è stato abbandonata la prima carità (Apoc.2.4), come può morire quando si crede di essere sufficienti (Apoc. 3.17). la fede può morire la dove abita l'avarizia idolatra (Colossesi 3.5), come può morire la dove abita il formalismo religioso amante della tradizione e non della verità rivelata. Attorno a questo quadro ruotano tante altre situazioni in apparenza meno gravi ma altrettanto dannose, e tutte hanno a che fare con le negatività esposte.
Paolo sapeva che la chiesa di Tessalonica correva questo pericolo perchè in essa mancava una parola certa, certificata dal Signore con manifestazioni divine a sostegno; mancava sopra tutto l'autorità del ministerio dato da Dio. In questo ambiente spirituale, la fede rischia di morire. Chi legge si guardi attorno e non farà fatica a scoprire quanto questo sia vero ancora oggi. Si parla di fede, si cerca potenza, si invocano interventi divini che spesso non avvengono, ma non si ode nessuno o quasi chiedere al Signore "Riempici della tua carità". La fede senza la carità di Dio nel cuore è inconsistente. Basta aver fede quanto un granel di senape, disse Gesù, e voi potete dire a questo monte di spostarsi e lui lo farà (Matteo 17.20).
Il problema non sta nella quantità della fede bensì nella sua forza, perchè è la forza di chi crede che rende grande la fede. L'apostolo Giacomo ribadisce che la fede senza le opere è morta (Giacomo 2.17).
Nella prima parte abbiamo evidenziato che una causa della morte della fede è la mancanza di carità. L'apostolo Paolo, scrivendo a 1 Timoteo 1.5-7, dice:
Credo sia chiaro che non è raro che la fede sia finta, cioè, che si circonda di zelo per il Signore, mancando però della carità di Cristo; quello zelo è falso.
La buona coscienza, che cosa è? Come possiamo comprenderne la manifestazione? Per quanto concerne ciò di cui ci occupiamo ora, diciamo che la coscienza è quella sensibilità interiore che ci fa percepira ogni contrasto con la vita di Cristo. Essa è più o meno sensibile, nella misura in cui abbiamo accolto il Signore Gesù in noi.Tutti gli uomini hanno una coscienza. Paolo dice che alcuni avevano rigettato la loro buona coscienza; cio vuol dire che avevano fatto violenza a loro stessi onde non avere più a soffrire gli aculei della coscienza. Quando facciamo del male la nostra coscienza ci tormenta, ed è un bene che sia così. Ma alcuni non vorrebbero avere simili tormenti per cui, se possiamo dire così, hanno preso la loro coscienza e l'hanno gettatat lontano da loro.Vi sono sicuramente molti modi di gettare via la nostra coscienza, non fosse altro che scusando conrinuamente noi stessi. Questo però non avviene senza lottare contro la grazia di Dio. Quelli di cui parla Paolo, cercarono ostinatamente di distruggere la loro buona coscienza che è illuminata dalla Grazia di Dio.
Non desideravano gettare via la loro fede, anzi, avrebbero voluto conservarla, ma un giorno s'imbatterono in uno scoglio non previsto e la loro fede naufrago. Essi la perdettero in un'attimo: l'ultimo filo che li legava alla Grazia si spezzò. Quanto è vero che può mancare alla nostra fede, l'esercizio accurato della nostra coscienza vivente!
La fede è sorretta dalle virtù (2 Pietro 1.5-7):