Fame di pane, mancanza d’acqua! Si darebbe qualunque cosa per un pezzo di pane, per un bicchiere d’acqua. Molti di noi si ricordano quanto si dovette soffrire durante la grande guerra; e leggiamo di recenti carestie in Asia ed altrove. Mai come in quelle circostanze si apprezza un pezzo di pane; quando invece vi è abbondanza, appena si pensa che il pane è il sostegno della vita materiale. Questa carestia, nel campo materiale, é solo una figura della fame cosi importante di udire la parola di Dio, di essere nutriti col Pane di vita eterna.
Alla folla, che il giorno innanzi era stata nutrita nel deserto e che Lo aveva seguito a Capernaum, Gesù disse:
I loro antenati erano stati nutriti con la manna nel deserto e morirono; ma Gesù offriva loro un pane, mangiando il quale essi non gusterebbero la morte:
La Sua parola è pane; la Sua vita - la comunione con la Sua persona - è cibo e bevanda. Ma sentiamo noi il bisogno di Lui, come la gente affamata ha bisogno del pane della terra? Prima ancora di sentire questo bisogno, una fame deve essere stata creata; ma questa fame celeste è possibile solo in coloro che sono nati dall’Alto, ed è risentita nella misura in cui essi vivono per le cose del Cielo. Giacché questa fame non viene facilmente - e di solito la fame non è cosa grata - il Signore, a mezzo delle circostanze, manda una carestia, il pane -non si trova facilmente e questo avviene affinchè possiamo essere pronti a pagare qualunque prezzo per poterne avere.
Noi troviamo Lui, il Pane, quando lo cercheremo con tutto il nostro cuore. Non vi è nessun altro motivo per il quale Egli manda la carestia sul paese. Il profeta prosegue:
Andare errabondi, correre qua e là non giova per trovare questo pane; occorre un sincero e profondo pentimento e una ricerca assidua di Lui. Perciò, anche le persone di bell’aspetto vengono meno perché non sono soddisfatte di sentire soltanto parole su Gesù, ma sono affamate di sentire una parola dalla Sua Bocca. Stanchi dei discorsi senza potenza, essi volgono lo sguardo verso di Lui per avere pane ed acqua, ed Egli li appagherà.
Ad un popolo vittorioso, descritto in Isaia 33: 14-19, il Signore ha promesso:
Fra le cose del lontano passato, essendo figure e insegnamenti per la chiesa, vogliamo scegliere e meditare il racconto di una carestia di lunga durata, per cui la gente era chiamata a dare una cosa dopo l’altra per poter ottenere del pane. Si tratta della carestia in Egitto. Durante quei sette lunghi anni di carestia un uomo solo, Giuseppe, aveva il monopolio di tutte le vettovaglie. Senza il suo consenso nessuno poteva mangiare. Leggiamo nel capitolo 47 della Genesi: “E Giuseppe sostentò suo padre, i suoi fratelli, e tutta la casa di suo padre, provvedendo loro del pane. E non (vi era) pane... e nel paese di Egitto, e in Canaan, si veniva meno per la fame “.
A nulla giovava correre qua e là; il pane era sotto il governo esclusivo di Giuseppe. Ed essi comprarono pane da lui “. E Giuseppe raccolse tutti i danari che si ritrovarono nel paese di Egitto...
Ogni particolare della narrazione ha un ricco significato. Poveri e ricchi furono tutti nutriti, quell’anno, in cambio del bestiame che avevano. Alcune famiglie potevano essere numerose e povere, e possedere poco bestiame; altre, composte forse di pochi membri ma ricche, potevano possedere molto bestiame. Tutti dovevano ricevere di che mangiare e il bestiame di tutti i proprietari doveva essere sacrificato. Questo si comprende da quanto segue. Per un certo tempo andarono avanti col denaro ?no a che esso fu esaurito; per un altro periodo di tempo andarono avanti col bestiame, e non rimase gregge alcuna. In questo bisogno di pane, ricchi e poveri vennero a trovarsi allo stesso livello. La lezione importante è che tutti ricevettero di che cibarsi e ciò a scapito di tutto il denaro e di tutto il bestiame.
Questo non è molto chiaro dal punto di vista commerciale, ma è ricco assai dal punto di vista spirituale. Se il ricco doveva pagare il pane quanto lo pagava il povero, il ricco avrebbe potuto avere denaro abbastanza per sovvenire alle sue necessità, negli anni successivi, e anche metterne da parte, e non venire così ad essere privato di tutto il suo denaro, e per di più, senza dover sacrificare tutto il suo bestiame. Ma tutti dovevano essere messi alla pari in questo comune bisogno vitale, e tutti dovevano diventare poveri affinchè tutti potessero avere del pane.
Il primo periodo, che possiamo chiamare “L’anno del denaro “, era trascorso; il secondo, l’anno del bestiame, era anche spirato; e il bisogno di pane era sempre grande. “E passato quell’anno, ritornarono a Lui [Giuseppe] e gli dissero: Noi non possiamo celare (il nostro bisogno) al mio signore “. Ognuno si mette in relazione diretta: “ Mio Signore “, non Nostro Signore! In tempo di distretta impariamo - e come! - a parlare a faccia a faccia col Signore.
Il bisogno era estremo; era necessario il sacrificio completo delle due cose più tenaci che tengono l’uomo fortemente avvinto: se stesso e il suo paese, ma queste cose dovevano scomparire. Il sacrificio sarebbe dapprima sembrato impossibile; ma Giuseppe sapeva aspettare: la carestia renderebbe la cosa possibile.
Prendete tutto, ma dateci del pane e delle semenze per il futuro. Così fece Giuseppe. Egli
Dopo quest’ultimo scambio, essi non furono liberi né di scegliere un’altra residenza né di rimanere in quella avuta fino allora. Giuseppe nella sua saggezza decretò dove essi dovevano abitare. Ordinò loro di lavorare la terra, di dare a Faraone un quinto della rendita della terra stessa e di tenere il rimanente per loro e i loro piccoli. Non solo essi erano stati salvati dalla fame, ma il loro avvenire era ormai assicurato.
Tutto questo è solamente una profezia di un Giuseppe più grande e di una carestia più nobile. Coloro che incominciano ad assaporare il pane del Cielo arrivano al punto di sentire che esserne privati vuol dire morire, come avviene per la mancanza del pane nel campo materiale. Eppure ci aggrappiamo tenacemente alle cose di questa vita; ne abbiamo bisogno, come anche di pane. Per un tempo abbiamo tanto questo che quello; il Signore attende, poi manda la carestia. Allora, la Sua Chiesa deve scegliere: o pane o morire di fame. Dapprima si ricerca il pane, ma non nelle di Lui vie: si corre di qua e di là, si passa da un luogo all’altro, si va ad ascoltare un grande predicatore dopo l’altro ma con nessun profitto, perchè il pane non vi si trova.
I predicatori possono avere ricevuto l’unzione dall'Alto, ma solamente le anime che si sono arrese completamente al Signore ricevono nutrimento dai predicatori unti dall’Alto. Lo stesso messaggio può lasciare affamata la grande maggioranza degli uditori, e dare cibo soltanto a pochi; a quelli cioè che cercano veramente il pane a qualunque costo (diciamo bene: a qualunque costo). A costoro, anche un pezzo di pane duro sembra dolce; essi trovano qualche sostanza anche in un messaggio povero, perchè la loro fame è grande. Essi sono pronti a spendere tutte le povere ricchezze di Mammona pur di avere di che cibarsi. La carestia continua, la ricerca di pane continua anch'essa ma non è così facile trovarlo come prima. Giuseppe aspetta, gli affamati vanno da lui ed egli chiede il loro bestiame. Tutta la nostra carnalità, il meglio dunque, è sottoposto, e il pane è provveduto per un altro periodo di tempo. Ma ecco che la carestia di nuovo si fa sentire; quegli affamati sanno dove andare: questa volta fanno la massima e finale offerta. Essi stessi e il loro paese devono essere abbandonati.
Il Signore prende tutto per la gloria di Dio ma altresì per il profitto dei santi; questi ricevono pane, sementi per l’avvenire; a ciascuno è assegnato il proprio posto - secondo la volontà del Signore stesso - e questo sarà il miglior posto per noi. Oh! Possa Egli creare in noi una fame così imperiosa che dobbiamo andare a Lui, ogni volta con una determinazione sempre più forte di abbandonare ogni cosa nelle Sue Mani: il primo è Mammona, poi tutto quello che ci è caro, e per finire, noi stessi e tutti i nostri poderi/averi. Tutto per tutto! Allora possiamo avere Gesù nella Sua pienezza e vivere per sempre nella Sua presenza. Amen.