L’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo
capitolo XI
Credo sia necessario fare alcune considerazioni prima di affrontare il tema, in quanto il retaggio che sovente ci portiamo appresso non ci permette sempre di guardare oltre e ci incatena in un circolo vizioso, dove le cose vengono ripetute senza intenderle.
La prima osservazione è che l’Agnello “toglie il peccato del mondo” e non dal mondo.
La seconda è che toglie la maledizione della legge di cui Paolo scrive ai Galati 3.10-13:
Nel presentare l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, vi è dunque un messaggio indirizzato al mondo, inteso come esseri umani (Evangelizzazione) e un messaggio indirizzato al suo popolo (ammaestramento).
Difficile ammaestrare un popolo abbarbicato su vecchi retaggi; tali erano i Giudei che avevano creduto in Gesù (Giovanni 8.30 e seg.). A loro il Battista aveva ben replicato dicendo:
Nonostante le scritture siano chiare, permane fortemente radicato il principio delle buone opere come qualcosa che possiamo fare a nostra discrezione. Certo esisteva una legge e quindi occorreva ubbidire per non essere sotto maledizione; ciò facendo però, siccome nessuno poteva mettere in pratica la legge interamente, la maledizione rimaneva. La predicazione del Battista (ministero) indirizzata alle genti è diversa dalla predicazione, sempre del Battista, indirizzata al popolo di Dio. Anche il popolo di Dio deve convertirsi al Signore e fare frutti degni di ravvedimento, se vuole vedere la faccia dell’Agnello in pace (Salmo 2.12 Apocalisse 6.16).
La grande pazienza del Signore verso il suo popolo può essere ancora osservata proprio per il fatto che , essendo stata tolta la maledizione della legge, in Cristo non abbiamo più l’ansia della legge ma la libertà da essa. Il senso è che Iddio, quando disse:
Non presentiamoci coperti degli stracci della nostra giustizia, perché l’Agnello volterà il suo sguardo altrove in quanto tale comportamento suona disprezzo del Suo sacrificio. Non diciamogli:
Così, Gesù stesso testimoniò del ministero del Battista, dicendo:
La predicazione del Battista fu con fervore e con forza, attenendosi strettamente a ciò per cui era venuto. Quel ministero, oggi, sembra aver perso quell’ardore perché le cose non sono più chiamate con il loro nome. Quando il Battista vide venire al suo battesimo Scribi, Farisei e Sadducei, disse:
Non sono solo i popoli a doversi convertire al Signore ma anche i suoi servitori, quei servitori che Malachia dipinge come corrotti e corruttori, che non hanno più alcun ritegno e compiono cose abominevoli nella sua casa, trasformandola in una casa di ladroni, commercianti di anime. Si comincia col perdere il vero senso del timore di Dio, perché colui che non lo vede pensa che in realtà sia assente e, animati da interessi personali, disprezzano la mensa del Signore, si rifiutano di “portare nella sua casa cibo per tutti, si approfittano delle donne altrui, dei danari altrui e poi vanno attorno predicando l’evangelo come santi di Dio, oracoli del cielo. Colui che invece vede il Signore andare davanti a se, ha timore perché Lo conosce.
Ecco dunque le ragioni per cui il popolo religioso si degrada sempre più, perché in realtà, sono come pecore senza pastore. Ci dia grazia il Signore che possiamo essere suoi messaggeri, portatori di un messaggio che viene direttamente da Lui. L’Agnello di Dio toglierà ogni maledizione nei cuori di tutti coloro che si convertiranno a Lui e persevereranno nell’udire la Sua Parola. E’ molto più arduo parlare al cuore del popolo di Dio che alle genti, perché il cuore è ingrassato da tutto ciò che non viene da Dio, in quanto è frutto della carne, cioè, delle buona volontà umana, della religione volontaria.
Giovanni, nella sua prima lettera capo uno, sintetizza il messaggio che i suoi figli devono portare, dicendo:
E’ interessante notare che le più grandi rivelazioni nascono quando c’è contrasto vero col mondo circostante. Aveva dovuto dire la verità: