Il rimedio
Sesto capitolo
Abbiamo fin qui tratteggiato l’argomento a cui siamo interessati, ponendo le basi per altre considerazioni in cui il volto del nostro Salvatore diventerà sempre più famigliare, più vicino a noi.
Si è a lungo discusso sulla legge di Mosè che prevedeva sacrifici di animali, e per molto tempo il popolo di Dio ha interpretato tale offerta senza però centrarne il vero significato, perché ciò che diventa rito perde di valore. Questa una prima considerazione. L’antico testamento mette però in risalto che chi osserverà la legge vivrà per essa. In un primo momento si era pensato che si trattasse della vita eterna; col tempo invece, viste le altre indicazioni bibliche, vivere per la legge significava semplicemente che tutta la vita avrebbero dovuto fare quelle cose e che era impossibile all’uomo il totale adempimento di essa, e che bastava fallire in un comandamento che si era considerati colpevoli di tutta la legge. Una salvezza dunque non poteva venire dai sacrifici offerti né da altre osservanze. La domanda è: “Perché i sacrifici ripetuti in continuazione non potevano salvare?” La risposta la troviamo nelle scritture, dove è scritto che colui che infrange la legge morirà. L’unica via che poteva permettere al peccatore di scampare dalla morte eterna era che un uomo morisse al suo posto. Così facendo sarebbe stata soddisfatta la giustizia di Dio.
Questo disse il sommo sacerdote Caiafa in quell’assemblea dove fu decisa la morte di Gesù:
Ora, Iddio stesso aveva decretato che non vi era alcun giusto, nemmeno uno, ed è per questo che disse ancora: “Il mio braccio mi opererà salute”. Come avrebbe mai potuto un uomo morire per qualcuno sulla terra ed essere gradito, accettato dalla giustizia divina, visto che nessuno era immacolato e che la morte lo avrebbe certamente trattenuto fra le sue braccia impedendogli la resurrezione?
Era dunque necessario che il rimedio fosse più grande del male stesso, più potente della morte e del peccato. Chi avrebbe potuto fare ciò se non Dio stesso? Quel sacrificio che l’apostolo Pietro così descrive:
La natura degli animali dunque non poteva essere considerata alla pari di quella dell’uomo perché gli animali non hanno parte alcuna con la gloria di Dio né hanno parte alcuna nella sua eternità. Così espresse Elihù il suo pensiero a Giobbe:
Nel frattempo però non possiamo dimenticare le parole del Maestro scritte in Giovanni 17.6-10 :
Era dunque necessario trovare IL RIMEDIO e non un rimedio. Ed ecco fu trovato nell’Unigenito figliuolo di Dio. Di Lui ne parlano tutte le scritture e esso viene sovente presentato sotto diverse spoglie nell’antico testamento fino a che venne il giorno in cui esso fu presentato finalmente e nel compimento dei tempi agli uomini. Abbiamo osservato che doveva per forza essere un uomo, visto che il suo compito era di salvare l’umanità dal peccato e dal principe delle tenebre che imperava sulla terra. Un Uomo, un piccolo numero di uomini sarebbe bastato per sconfiggere le tenebre (Isaia 53.12), così come il Signore ha dato la vittoria a Giosuè con soli trecento uomini. ECCO L’UOMO!