Ciò che leggiamo Isaia 58, è il consiglio del Signore rivolto ad un popolo che non amava tanto i suoi consigli, e anche noi spesso e volentieri mascheriamo la nostra vita religiosa con riti e formule tese a compiacere noi stessi anzichè il Signore.
L'invito del Signore a Isaia è di gridare con la gola e di non trattenersi, non aver paura di cosa possono dire gli altri; l'invito del Signore ha un obiettivo ben preciso, quello di far conoscere al suo popolo i suoi errori.
(Molte sono le cose che si potrebbero dire, come l'invito di Paolo a Timoteo di tagliare dirittamente la Parola, esortare riprendere, con ogni sapienza e dottrina, perchè verrano i tempi in cui non sopporteranno più la sana dottrina (2 Tim.4/3). Ci sono personaggi che predicano beati coloro che li innalzano e maledicono coloro che non camminano con loro.
Nel secondo verso Iddio spiega le ragioni del suo procedimento, del compito che aveva affidato al profeta, e dice:
Credo non sia difficile immaginare la trasposizione anche ai nostri tempi.
Il tutto viene poi condito dalla presunzione, nel momento in cui rivolgendosi al Signore, non si ottiene una risposta, il che fa scattare la critica verso il Signore stesso, al quale viene contestata la mancata risposta. Il Signore che conosce i pensieri del suo popolo, risponde come sua consuetudine a quei pensieri e dice:
Di fronte a queste osservazioni il Signore risponde additando la causa, e dice:
Questa la contestazione del Signore, che risponde ad un popolo che ama e del quale desidera la santificazione (Ebrei 12/5-8).
Da sola questa osservazione del Signore ricopre tanti momenti della vita cristiana, e se qualcuno pensa che stiamo parlando del digiuno fisico, è in errore, perchè nemmeno il Signore, e lo vedremo in seguito, si occupa di tale digiuno e lo dimostra nel rendere ragione del
Poi Iddio mostra la strada da seguire per conseguire la santificazione, e dice:
In realtà il Signore sta semplicemente dicendo che Lui non ama vedere che la persona si affligga o si tormenti nel corpo, perchè questa via si pasce di vanità, come quella descritta all'inizio del capitolo, infatti dice all'inizio:
La parabola del creditore spietato è eloquente ammaestramento, perchè evidenzia quale spesso e volentieri è il comportamento "cristiano" nelle mani di creature impenitenti; egli avrebbe dovuto rimettere il debito al suo debitore, proprio perchè veniva dalla casa del Suo Signore il quale gli aveva rimesso il suo enorme debito.
Dopo aver costretto il suo popolo a riflettere sul proprio comportamento, Iddio sempre misericordioso, mostra Lui la sua via e propone il suo ragionamento chiedendo sempre che il suo popolo chini il suo capo e compari se stesso e la propria condotta con quella che Iddio gli propone, perchè spesso è la mancanza di un paragone con dolo o con colpa che si frappone fra l'uomo e Dio; quindi Iddio dice:
Il capitolo che si apre davanti è immenso, perchè copre con poche parole ed evidenzia quanta servitù ci sia nei rapporti fra credenti i quali non si perdonano a vicenda essendo gli uni gli altri legati a doppio filo, perchè chi non avrà rimessi i peccati, legando altri resta a sua volta legato in un sentiero di empietà. (Empietà è vivere da falsi credenti, cioè creature che pur conoscendo la verità, vivono come se non la conoscessero.) Essendo il capitolo immenso è fuori luogo trattarlo in questo contesto. A buon lettore.......
Il primo passo per poter servire gli altri è renderli liberi nei nostri confronti, cioè farli sedere al nostro tavolo, nella nostra casa, insomma amarlo come fratello (Salmo 133), non fare sentire nessuna alterigia nel parlare, nessun spirito di superiorità; spianata la strada (Isaia 40/1-5), la gloria del Signore potrà infine manifestarsi in tutto il suo splendore. Quanti monti impediscono il manifestarsi della gloria di Dio. Molto si può leggere nel comportamento di Simone il fariseo che invitò Gesù in casa sua, e della donna peccatrice che del tutto indifferente del giudizio che pendeva sopra la propria vita da parte della classe dei farisei, entrò in casa di Simone, mentre Gesù era seduto alla sua tavola.
Una volta spianata la strada, allora diventa possibile rompere il pane a chi ha fame, raccogliere in casa i poveri erranti, coprire gli ignudi, etc (Matteo 25/40), sia in senso umano e ancor di più in senso spirituale.
Il tuo ristoro germoglierà immediatamente...
Tu sarai ristorato dalle arsure del peccato, (pensare a Cristo sulla croce che portando il peso del peccato disse:
La tua giustizia andrà davanti a te...
Al di là del concetto di giustizia che è molto vasto, nel contesto il senso riguarda il fatto che avendo creduto in Lui e avendolo accettato nel cuore, tu sarai chiamato giusto e questa sarà la tua unica giustificazione. Null'altro, perchè l'opera appartiene al Signore il quale guarda al cuore e non all'aspetto e fa grazia a chi vuole fare grazia. Se camminerai nella luce del tuo Dio, il quale illumina i tuoi passi (Salmo 119/105), e ti mette nelle condizioni di vedere dove vai, il Signore stesso lascerà nei cuori la testimonianza del tuo essere servo suo, quindi Lui sarà la tua retroguardia.
In queste condizioni, il Signore evidenzia che hai raggiunto lo stadio in cui,
Dicendo Eccomi, il Signore si presenta nella sua santità davanti ai suoi figli, e siccome li ama propone loro la santificazione di cui hanno bisogno per poter progredire nel cammino verso il cielo; quindi dice:
Da una prima analisi si evince che nonostante la santificazione in cui il credente si verrebbe a trovare seguendo il suo consiglio, rimangono ancora gli strascichi di una umanità non ancora completamente redenta, dove la tendenza a governare gli altri, (il giogo), la tendenza a sentirsi superiori non è ancora stata debellata, perchè è dura a morire; l'alzare il dito evidenzia la facilità con cui tendiamo a giudicare gli altri che
Qui come del resto anche altrove, il termine carne è usato per definire tutto ciò che è frutto della fatica dell'uomo, dalla cose buone amabili e onorevoli, fino alla cose più infime che in questo caso sono ormai lontane dallo stato del credente di cui stiamo trattando. In questo contesto rientrano tutte le cose che fanno capo alla dottrina e, in quanto tale, spesso si sostituisce alla rivelazione. Vi rientrano anche le opere buone se esse non sono il frutto della fede, la buona volontà per aiutare la causa di Cristo, le fatiche fatte e non richieste dal Signore, in quanto consigliere interiore, etc.
Bene, dice il Signore, se tu accetti ancora questa santificazione e come conseguenza apri l'anima tua a chi ha fame...,il che non è riferito alla beneficenza e opere buone, perchè aprire l'anima a chi ha fame, riguarda una conoscenza dei bisogni interiori degli uomini di cui solo il Signore è rivelatore e consigliere; in tale condizione, il credente gioisce nel sentire i passi del suo Signore mentre mette le scarpe di un essere umano e gli va incontro, per servirlo (Genesi 18).
Ci si sofferma troppo sulle opere che si possono "contare", perchè la vanità è figlia spesso della religione volontaria, mentre invece, sovente avviene che non sappiamo di aver servito il Signore, semplicemente perchè ciò che abbiamo fatto l'abbiamo fatto nell'amore di Cristo e quindi essendo un fatto
Il testo citato in Genesi 18, mette in risalto la condizione di Abrahamo, condizione consigliata dal Signore nel capitolo 17/1, dove Iddio gli dice:
Il risultato della condizione sopra descritta, ha messo Abrahamo nella condizione di ricevere dal Signore una promessa, quella di un figlio. La tua luce si leverà nelle tenebre, e il tuo ristoro germoglierà immediatamente, è sicuramente un linguaggio che va al di là dell'immagine stessa, perchè si parla di Luce che si leva davanti all'uomo di Dio; un uomo, Abrahamo, che era ormai avanti negli anni e non aveva ancora ricevuto progenie, e quindi vedeva la sua sera avvicinarsi senza frutto e il suo giorno ormai declinare, pensando che avrebbe lasciato ogni cosa ai suoi servitori.
Se ci è lecito immaginare, correre con la fantasia di un cuore che scopre la misericordia divina, ci piace pensare a questo santo uomo e guardarlo negli occhi mentre in tarda età si vede un figlio girargli attorno, giocando come fanno i bambini. Una immagine che rende grande il padre ma rende anche grande il figlio della promessa, che era legato al cuore di quel padre. Ah, i frutti della giustizia, i frutti della giustizia quanto sono diversi dai frutti della sollecitudine! E Abrahamo ha imparato anche questo, quando per sollecitudine entrò dalla sua serva e da quella nacque Ismaele. Quante sofferenze si sarebbero potute evitare, ma così è fino a quando l'uomo non impara a dipendere dal Signore. Ritorniamo al soggetto.
Dunque i tuoi figli, quelli che ti appartengono, che sono tuoi figli, eredi tuoi per la fede, essi riedificheranno i sentieri antichi; essi e solo essi saranno sacerdoti a Dio per fare tutte le sue volontà, insieme a Colui che solo ha saputo ascoltare sempre suo Padre e sempre ha ubbidito alla sua voce, perchè solo insieme al sacerdote, anche i sacerdoti potranno servire Iddio negli uomini. Meditare (Giov. 17/6-8).
Tu ridirizzerai i fondamenti di molte età passate e sarà chiamato: Ristoratore di rovine. Racconciatore dei sentieri, affinchè vi si possa camminare.
Il linguaggio è sicuramente profetico, esso è applicabile sicuramente a Cristo e a tutta la progenie di Abrahamo, poichè il popolo del Signore è un popolo di sacerdoti, di re e di principi; sacerdoti re e principi non devono far pensare all'immagine che noi abbiamo di tali persone, ma di ciò che essi vogliono essere nelle mani del Signore. Sacerdote, re e principe è riferito all'animo più che alla forma. Nel sacerdote è preminente la pietà, nel re è preminente il governo delle cose di Dio, nel principe è preminente le gentilezza. Le tre cose possono anche sussistere nella stessa persona, nella misura della grazia di Dio. Giacobbe, uomo di terra, graziato da Dio divenne Israele, cioè principe del Signore; or tutti conosciamo il processo che sta alla base della vita di Giacobbe prima che il Signore gli cambiasse il nome.Ecco ormai siamo arrivati all'ultima stazione e non è stato facile arrivarvi, ma se qualcuno vi è arrivato sa quante cose ha lasciato per la via, così come la serpe lascia il suo mantello nella sua stagione.
Ma ecco che il Signore si ripresenta di nuovo, e ha ancora qualche consiglio da dare al pellegrino che ha lasciato la sua casa, la sua terra natia, il suo popolo. cfr. (Salmo 45/11).
In questa occasione il Signore non dice:
Quanti se Signore! Certo non sono dubitativi ma rivelano quanto siano, per l'uomo che dipende da se stesso, impossibile da farsi; quindi il Signore evidenzia come aveva già fatto in precedenza che la nostra volontà è ancora viva, la nostra conduzione spesso in opposizione al Signore stesso che rende difficile ogni cosa nelle vie del Signore; non è la via del Signore difficile ma la nostra umanità irredenta a crearci le più grandi difficoltà.
Vediamo in dettaglio i grandi se, posti dal Signore.
Le opere della carne non sono certo le cose abominevoli, non si riferiscono certo a cattive conversazioni, ma riguardano le nostre scelte di vita, di conduzione; le nostre scelte di come servire il Signore senza domandare a Lui quali siano le cose che Lui vuole da noi; anche queste fanno parte alle opere della carne, perchè la tendenza a fare qualcosa per meritare, guadagnare la vita eterna non lascia subito il credente, anche il più consacrato.
Molto spesso gli uomini si scontrano di fronte alla osservanza di giorni e calende, etc., ma qui il Signore dopo aver parlato del sabato, rivendica il suo Sabato, non quello degli uomini; il suo Sabato, il suo giorno Santo, non quello che gli uomini gli dedicano spesso senza intendimento; esso è una condizione, uno stato di riposo, il riposo di chi dipende dal Signore, il quale riposa fino a quando non viene chiamato.
Nel mio Sabato, indica che vi è un sabato che non è suo ma nostro, perchè il sabato è per l'uomo perchè l'uomo si riposi e non l'uomo per il sabato, cioè servo del sabato; or ciò che serve all'uomo non appartiene al Signore, nel senso che Lui non sarà onorato dalle cose visibili, ma dalla consacrazione interiore.
In quel Sabato, cioè quello del Signore, mentre in esso ci troviamo, non dovrebbe esserci alcun pericolo, ma così non è, perchè fino a tanto che l'opera di santificazione non è compiuta, abbiamo sempre la libertà di tornare indietro. Gesù stesso disse:
Fino a che Dio non è finalmente divenuto
Sembra udire la voce del Signore che descrive il suo Servitore, in (Isaia 50/5), dove parlando profeticamente di Lui - Gesù ha il primato in ogni cosa - dice:
Conclude il Signore i suoi consigli al suo popolo dicendo:
Il salmo 40 è illuminante circa il processo di santificazione e ad un certo punto nel verso cinque, dice:
Finalmente la creatura ha compreso dopo le peripezie dei primi versi, quanto sia importante che la verità di Dio sia scritta nelle interiora, onde l'amore e l'ubbidienza non siano il frutto della volontà di uomo, ma della tenerezza dello Spirito Santo, il quale avendo lavorato la nostra vita di dentro ha generato dentro di noi la carità, ovvero quell'amore viscerale per tutto ciò che appartiene al Signore.
Tu prenderai finalmente i tuoi diletti solo ed esclusivamente nel Signore, e nessun altro amore, nemmeno quello della tua vita alla quale hai definitivamente rinunciato, potrà mai più farti tornare indietro.
Una immagine bellissima di identificazione col Signore, è descritta in (Deut. 15/16-17), dove leggiamo:
A questo punto ecco che il Signore apre un cielo ancora sconosciuto ai più, un cielo definito
Io ti darò da mangiare l'eredità di Giacobbe, tuo padre.
Ciò vuol dire che verrai nel pieno possesso di ciò che Iddio ha promesso a tuo padre, Giacobbe; notare che qui il Signore, pur parlando di cose eterne, ricorda sempre all'uomo, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la sua origine; figlio di Giacobbe, non figlio di Israele; nel cielo di Dio, tutti siamo figli dello stesso padre, ma nell'olimpo degli uomini, ognuno è figlio di suo padre e solo di suo padre; carne e sangue non hanno alcun valore davanti al Signore e a nulla serve dire:
Ecco dunque che appare all'orizzonte, concreta, definita, la promessa dell'eredità, quella che il Signore aveva fatta con Abrahamo prima e con Giacobbe poi.
Una eredità non fatta certo di cose terrene, ma di letizia maturata nell'attesa, una eredità che Pietro definisce così:
Nulla di terreno dunque, ma piena partecipazione alla natura divina. Perchè la bocca del Signore ha parlato; Iddio suggella le sue parole, giurando per se stesso che nulla cambierà di ciò che Lui ha promesso, perchè quello Lui farà.
Ci fermiamo in questo tema increscioso, lasciando al lettore il seguito.